La manifestazione da piazza della Repubblica ai Fori Imperiali. Il vicario dell’esarcato apostolico Hren: «Piacevole sorpresa la solidarietà degli italiani»
Bandiere della Pace, dell’Europa, dell’Ucraina, in stoffa, disegnate sui cartelloni, dipinte sui volti, hanno colorato ieri pomeriggio, 27 febbraio, piazza della Repubblica. Dopo la manifestazione di giovedì nei pressi dell’ambasciata russa a Castro Pretorio, la comunità ucraina di Roma è tornata in piazza per dire “No alla guerra”, chiedere alla Nato di “chiudere i cieli dell’Ucraina” e di “Non lasciare solo il popolo ucraino” deplorando le azioni di “Putin il terrorista assassino”. L’inno nazionale ucraino è stato intonato più volte, anche durante il corteo che poco dopo le 16.30 si è mosso da piazza della Repubblica, ha percorso via Amendola e via Cavour, per concludersi a largo Corrado Ricci ai Fori Imperiali.
Tra i manifestanti, la maggior parte donne, considerato che rappresentano l’80% degli ucraini in Italia, anche georgiani e bielorussi, «popoli oppressi dalla Russia che ben conoscono la follia di Putin», dice Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia. Gli fa eco il georgiano Giu, il quale spiega che nel 2008 la Georgia perse il 20% del territorio, tutt’oggi occupato dalla Russia. «In quell’occasione gli ucraini vennero a combattere al nostro fianco – dice -. Oggi è nostro dovere sostenerli». Horodetskyy è originario dell’Ucraina occidentale ed è preoccupato per la mamma e il fratello rimasti in patria che «da tre giorni vivono nei bunker. È orribile quello che sta accadendo – aggiunge -. In Italia forse non si ha ben presente la massiccia invasione messa in atto da Putin, che sta perpetrando terrorismo di Stato. L’Europa deve essere unita e sanzionare seriamente la Russia per isolarla».
Per padre Teodosio Hren, vicario generale dell’esarcato apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia, quello del presidente russo è un «piano diabolico». Non nasconde la preoccupazione per i genitori, il fratello, la nuora e i due nipoti, uno dei quali di pochi mesi, rimasti in Ucraina. «Non hanno intenzione di lasciare il Paese», prosegue, e la loro scelta di sostenere l’Ucraina è per lui «motivo di orgoglio». In Italia l’esarcato conta 150mila fedeli cattolici in 161 comunità, seguiti da 70 sacerdoti. Se padre Teodosio non avesse l’incarico di vicario sarebbe «partito senza pensarci. Gli ucraini non vogliono la guerra ma ora hanno il diritto di difendersi». Il sacerdote è «piacevolmente sorpreso dalla solidarietà manifestata dagli italiani, che spontaneamente stanno mettendo a disposizione posti letto e seconde case per gli ucraini in fuga dalla guerra e stanno donando quintali di generi alimentari, medicinali, vestiario, da spedire in Ucraina».
Tra le tante associazioni che hanno avviato le raccolte di generi di prima necessità c’è RipensiamoRoma, che «si schiera al fianco di un popolo che sta subendo un attacco ingiustificato», afferma il presidente Donato Bonanni annunciando la raccolta straordinaria del 6 marzo presso la comunità ucraina di via Selva Nera 200. Anche la Fondazione Opera del Divin Redentore, della famiglia vincenziana, si è mobilitata. Già da anni, dice il presidente Federico Giannone, «il 6 gennaio organizziamo la befana per i bimbi ucraini: il popolo già prima della guerra e della pandemia era in grande difficoltà».
Le donne ucraine si fanno forza a vicenda. Maria in Ucraina ha il figlio che «sta combattendo una guerra folle», dice tra le lacrime. Le si avvicina Angela, italiana, mamma di due ragazzi, l’abbraccia e non riesce «neanche ad immaginare lo strazio che Maria sta provando». Livia in videochiamata con il fratello gli mostra la piazza e cerca di fargli coraggio. Anna non dorme da giorni, ha tutti i familiari in Ucraina «e non hanno preso in considerazione l’idea di partire perché vogliono difendere la democrazia». Tante le famiglie italiane, anche con figli piccoli, presenti alla manifestazione. Come Renato e Giorgia, mano nella mano con due dei loro quattro figli che vanno in classe con due sorelline ucraine la cui mamma è partita per andare a prendere la nonna. «È importante essere qui per sostenere questo popolo – dice Renato -. La guerra è vicina a noi ed è difficile trovare le parole per spiegarlo ai bambini, fanno tante domande e, senza spaventarli, cerchiamo di far capire che il male esiste». Anche l’attore Gaetano Bruno, nel cast della serie “Doc”, è in piazza con la famiglia. Alla figlia cerca di «filtrare le notizie» ma ritiene «giusto farle prendere coscienza di quanto sta accadendo». La sua partecipazione alla manifestazione «prescinde dalla notorietà», vuole essere «una testimonianza di solidarietà verso un popolo sottomesso dalla follia di Putin, l’unico russo a volere questa guerra».